Snorkeling nella laguna del reef

Nuotare con maschera e pinne - El Quseir - snorkeling

Due appassionati di snorkeling esplorano una delle lagune coralline davanti ad El Quseir (Egitto). L’acqua è molto bassa (non raggiunge il metro e mezzo) ed è ricchissima di coralli, pesci e invertebrati di ogni specie.

Una zona del reef spesso trascurata da chi ama nuotare con maschera e pinne per esplorare la barriera è la laguna interna. Molto spesso il reef vero e proprio costituisce una sorta di cintura coralligena che circonda le isole tropicali oppure un “cordone” che corre parallelo alla costa e con la sua “cresta” divide il mare aperto da una zona più interna, detta appunto laguna.

Nelle lagune coralline molto spesso l’acqua è piuttosto bassa e particolarmente calda perché non ha un ricambio continuo e diretto con la massa d’acqua più fredda dell’Oceano. Inoltre, a differenza del mare aperto, qui l’acqua è calma, particolarmente cristallina e inondata da una luce solare fortissima. E ricchissima di forme di vita.
Insomma, la laguna è una sorta di straodinario acquario naturale: una massa d’acqua relativamente piccola nella quale, grazie allo snorkeling, è possibile fare degli incontri sorprendenti esplorando rilassati ogni più piccolo anfratto e osservando in tutta tranquillità pesci e invertebrati dalle forme e dai colori strabilianti. E tutto questo senza doversi avventurare in immersioni profonde attrezzati di bombole, jacket e profondimetri vari.

L’attrezzatura

L’attrezzatura per lo snorkeling in laguna è tra le più semplici ed economiche. Per cominciare basta davvero poco: maschera e boccaglio. Se non siete dei forti nuotatori è meglio attrezzarsi anche di pinne. Ma visto che nella laguna spesso l’acqua è profonda pochi centimetri, al posto delle pinne si possono indossare delle apposite scarpette di gomma. L’importante – regola tassativa – è non scendere per nessuna ragione in acqua a piedi scalzi. Tra la rocce del fondo oppure nella sabbia si possono celare ricci, bivalvi taglienti, coralli urticanti. Sarebbe un vero peccato rovinare la vacanza solo per non aver preso una banale precauzione.

Nuotare con maschera e pinne - El Quseir - barriera corallina

La laguna è divisa dal mare aperto dalla corona costituita dalla barriera corallina vera e propria. La parte esterna della barriera è battuta dalle onde. La foto è stata scattata sulla sommità della barriera corallina: a sinistra c’è il mare aperto e a destra la laguna.

La maschera deve coprire anche il naso e permettere un campo visivo il più ampio possibile. Oggigiorno i modelli migliori sono realizzati in silicone. E’ importante che il bordo si adatti perfettamente alla conformazione del viso. Conviene provarne vari modelli. Il test per capire quale fa al caso nostro è molto semplice: si appoggia al viso e si inspira con il naso, trattenendo il respiro per qualche secondo: se si verifica l’effetto ventosa (cioè se la maschera rimane “incollata” al viso) il modello e la forma sono perfette.

Il boccaglio va scelto semplice e con il “morso” molto morbido. Il tubo deve essere abbastanza largo da consentire di respirare agevolmente ma non così largo da rendere difficoltoso lo svuotamento nel caso entri acqua. Il boccaglio si collega al cinghietto della maschera con un gancio in plastica. Un sistema alternativo, ora in disuso ma assai comodo, è di annodare al boccaglio una cordicella legata a mo’ di collana così da poterla infilare attorno al collo: quando serve, il boccaglio si infila sotto il cinghietto della maschera; quando invece non serve (per esempio mentre stiamo entrando in acqua) rimane penzolante al collo e a portata di mano.
Le pinne devono calzare morbide attorno al piede. Devono avere i bordi rinforzati. Se ci si limita allo snorkeling e non si hanno ambizioni da apneista è meglio scegliere un modello galleggiante.

Oltre a maschera, boccaglio e pinne conviene acquistare anche una muta. Non tanto per difendersi dal freddo (nelle lagune coralline l’acqua può raggiungere e superare i 30 gradi) quanto per proteggersi da contatti accidentali con organismi urticanti. In questo senso sono inutili i modelli a gamba e a manica corta. Sono invece più adatte allo snorkeling mute umide intere in neoprene da 3 mm. Oppure, se non si è affatto freddolosi, anche leggerissime mute in tessuto acrilico. Una muta intera, inoltre, tiene più caldo perché limita maggiormente l’ingresso dell’acqua più fredda e, dunque, isola di più.

La muta può essere completata da un paio di guanti protettivi. Attenzione però: in alcune riserve marine è tassativamente vietato indossarli in quanto è proibito qualsiasi contatto con gli organismi della barriera.

Un accessorio utile ma non indispensabile per chi si limita allo snorkeling è la cintura di zavorra dotata di piombi. Il peso, soprattutto se si usa una muta leggera, può essere limitato a pochi chili. La cintura può aiutare, ad esempio, chi preferisce osservare gli organismi del reef dal fondo. Oppure chi deve contare su un assetto abbastanza stabile per scattare foto senza doversi inventare acrobazie subacquee.

Infine, se siete appassionati di fotografia, è bene portare con sé una macchina subacquea compatta.
Un ultimo banale consiglio: se non avete la muta e siete al mare solo da pochi giorni, prima di fare snorkeling non lesinate in creme solari sul collo, sulla schiena e sui polpacci. In acqua, il calore del sole non lo si avverte e, senza le dovute precauzioni, dopo un’ora di nuoto le ustioni sono assicurate. Per proteggere la schiena dal sole è sufficiente anche indossare una semplice t-shirt in cotone.

L’effetto rifrazione

Nuotare con maschera e pinne - El Quseir - L’effetto rifrazione

Nella laguna corallina l’acqua è limpida e cristallina. Ma occorre pinneggiare con attenzione per non smuovere il fondo che si trova a pochissimi centimetri dalla superfice.

Un particolare effetto ottico che si incontra indossando la maschera è la rifrazione. I raggi di luce, che viaggiano nell’aria a 300.000 km/secondo lungo una linea retta, passando dall’aria all’acqua riducono la velocità a 225.000 km/secondo.

Non solo. I raggi cambiano anche direzione con uno scarto di alcuni gradi rispetto all’asse “normale”. Ciò comporta un effetto molto particolare: guardando sott’acqua con la maschera, tutto sembra ingrandito di circa un quarto. Un pesce di 30 cm ci sembrerà di quasi 40 cm. Se parliamo di differenza tra la dimensione dei pesci “stimata” e quella reale, ciò non riveste grande importanza. Ma dobbiamo tenere presente un altro effetto ottico della rifrazione: il fondale ci sembrerà molto più vicino di quanto lo sia. Ad esempio una distanza apparente di un metro, in realtà sarà di 133 cm. E questo, in termini di sicurezza, è un dettaglio da tenere presente. Se per esempio nuotando stimo che il fondale sia esplorabile senza un grande sforzo, in realtà le cose possono stare diversamente.
Come vedremo più avanti, inoltre, la rifrazione ha degli effetti anche nel campo della fotografia subacquea.

La discesa in acqua

La vestizione va effettuata in acqua. E’ inutile partire dalla spiaggia con muta e pinne addosso per camminare goffi fino a dove l’altezza dell’acqua consente di cominciare a nuotare.
Meglio prendere sotto braccio tutta l’attrezzatura ed entrare nell’acqua fino dove arriva al ginocchio. Occhio – se non avete le scarpette – a dove si mettono i piedi. Anche in 10 cm d’acqua si possono nascondere organismi potenzialmente pericolosi.
Si comincia con l’indossare la muta, avendo cura di bagnarla prima di infilarla, così da farla scorrere meglio. Poi le pinne. A questo punto conviene trattare il vetro della maschera per evitare appannamenti. In commercio esistono prodotti appositi. Ma ci sono soluzioni più semplici. Se la maschera è nuova, prima di usarla la prima volta è bene strofinare con energia il vetro interno con un panno cosparso di comune dentifricio. Altrimenti, una volta in acqua, basta raccogliere un ciuffo d’alghe grasse e strofinare il vetro prima di bagnare la maschera. Oppure la stessa cosa si può fare con la saliva. O con un pezzo di patata. Una volta strofinato il vetro, la maschera va sciacquata e indossata. Attenzione che qualche ciuffo di capelli non si infili sotto il bordo. Il cinghietto non deve trovarsi dietro la testa ma sopra la nuca. Infine si infila il boccaglio, si controlla che l’attrezzatura sia a posto, ci si china verso l’acqua e ci si lascia scivolare dentro.

La tecnica dello snorkeling

Da un punto di vista tecnico, lo snorkeling è un’attività sportiva semplicissima, poco impegnativa quanto a sforzo fisico e alla portata di chiunque, diciamo dai 5 anni in su. In linea teorica non richiede neppura particolari capacità natatorie.
Gli unici due imprevisti che potremmo incontrare sono davvero poca cosa: l’entrata di un po’ d’acqua nel boccaglio oppure qualche infiltrazione nella maschera.
Il primo caso può verificarsi per due ragioni: un’onda sommerge per un istante lo snorkel oppure, presi dall’osservazione subacquea, abbiamo inclinato la testa troppo in avanti o troppo di lato fino ad immergere la bocca del tubo. In entrambi i casi non c’è da agitarsi. Basta un soffio forte e deciso dal boccaglio senza nemmeno togliere la testa dall’acqua: così l’acqua viene espulsa dal tubo e si può riprendere a respirare con facilità. E’ importante, comunque, mentre si fa snorkeling inspirare dal boccaglio sempre lentamente. In questo modo, se avvertiamo un gorgoglìo nel tubo (segno che è entratata dell’acqua) possiamo affrontare il piccolo imprevisto prima ancora che l’acqua arrivi alla bocca. Tutto questo, con un po’ di esperienza diventa istintivo.

Nuotare con maschera e pinne - El Quseir - Un branco di pesci farfalla

Un branco di pesci “farfalla” (Chaetodon auriga e Chaetodon fasciatus) “danza” attorno al cibo offerto dal subacqueo. Chaetodon auriga si distingue per la parte bianca della livrea.

Nel secondo caso (acqua nella maschera) la soluzione è ancora più semplice: continuando a nuotare si alza il viso verso l’alto, con la mano destra si spinge il bordo superiore della maschera contro la fronte, e con il naso si espira lentamente per qualche secondo. La maschera si svuoterà completamente.
Ciò che conta è non lasciarsi mai prendere dall’affanno, riflettere prima di agire e intervenire con la massima tranquillità.

Durante tutta la perlustrazione è importante essere molto tranquilli, nuotare rilassati. Si inspira dal boccaglio lentamente e profondamente e si espira più rapidamente, quasi con uno sbuffo. Si pinneggia tenendo le pinne sotto l’acqua e le braccia conserte oppure distese dietro la schiena. In questa maniera eviteremo contatti accidentali con organismi pericolosi e, soprattutto, eviteremo di spaventare pesci e invertebrati avendo così la possibilità di incontri ravvicinati. Anzi, di più. Talvolta non serve nemmeno nuotare alla spasmodica ricerca di vedere qualcosa. Basta rimanere fermi di fronte ad una formazione corallina apparentemente spoglia. Se si ha la pazienza di stare immobili per qualche minuto, lo scenario si popolerà di piccoli organismi insospettabili. Tutti da osservare con curiosità e attenzione.

Pinneggiare nella laguna

Molto spesso queste piscine naturali sono degli autentici dedali di formazioni coralline con passaggi difficili (soprattutto se l’acqua non è molto profonda) e con “vicoli ciechi”.
Bisogna prestare molta attenzione a non urtare ricci, formazioni coralline o altro perché il solo contatto con la pelle può provocare tagli e ferite anche profonde.

Nuotare con maschera e pinne - El Quseir - La laguna corallina

La laguna corallina è poco profonda. La struttura molto spesso è simile ad un labirinto di pozze d’acqua e formazioni coralline. La schiuma bianca sullo sfondo segna il confine tra l’anello esterno della barriera corallina e il mare aperto dove il fondale “precipita” ad oltre 40 metri di profondità.

Prima di scendere in acqua sarà dunque opportuno, per quanto possibile, farsi un’idea di massima del percorso che intendiamo seguire, magari salendo su qualche scoglio che sovrasta la laguna. Naturalmente, una volta in acqua, la prospettiva cambierà radicalmente e quello che sembrava un facile passaggio potrebbe rivelarsi una “gola” stretta e impraticabile.
Occorre prestare anche attenzione alle correnti che tavolta, con il cambio di marea, possono diventare un po’ impegnative. Nel caso di presenza di correnti è preferibile ipotizzare un percorso di andata contro corrente e un ritorno (quando saremo un po’ più affaticati) nel senso della corrente. Se in alcuni punti la corrente diventa davvero intensa non è il caso di provare ad affrontarla frontalmente ma è meglio tagliarla diagonalmente puntando verso riva o verso una zona più tranquilla.
Nel caso il mare aperto (cioè al di là del bordo del reef) sia mosso, attenzione ad eventuali onde più forti delle altre che potrebbero scavalcare la barriera corallina ed entrare nella laguna sbattendovi contro i coralli.

Nel caso di acque particolarmente basse (40-50 cm) invece di pinneggiare si può procedere con l’aiuto degli appigli che si trovano sul fondo. In questo caso è assolutamente indispensabile utilizzare dei guanti oppure prestare gradissima attenzione a dove si mettono le mani: quella che sembra una banale roccia può essere in realtà un pericoloso pesce pietra. O una fessura che sembra fornire un ottimo appiglio potrebbe essere la tana di qualche piccola ma mordace murena. Senza contare che – non ci stanchiamo di ripeterlo – coralli e invertebrati non vanno afferrati in nessun caso: sono taglienti e urticanti e qualsiasi tipo di contatto li danneggia.
Attenzione anche alle pinne. Basta un colpo maldestro per rovinare una colonia di Acropora. Se l’acqua è davvero bassa e ci troviamo a dover superare un passaggio dove è ancora meno profonda, prese le debite misure, inspiriamo al massimo per gonfiare i polmoni e aumentare la nostra “linea di galleggiamento”; poi uniamo le braccia dietro la schiena e diamo un paio di colpi di pinne forti e decisi. Quindi aspettiamo di aver superato l’ostacolo senza muovere gambe e braccia. Quando siamo certi che anche le pinne lo hanno oltrepassato, riprendiamo a nuotare.

INFO ARTICOLO:

 

Alberto Scapini  

 

 ( 24 dicembre 2003 )  

 

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